Una breve osservazione viene compiuta nell’individuare il principio terapeutico di coloro che soffrono nella mente. A mio avviso la cura è una relazione sociale. L’analisi del processo sociale patogenetico (il processo che trasforma le qualità personali in una fonte di sofferenza psichica) può essere compiuta solo da un essere umano: un essere umano sensibile e intellettualmente coltivato, in grado di capire e gestire un problema umano. Per contro, l’intervento psichiatrico demanda l’analisi del problema a una chimera scientifica (la malattia genetica) e la sua soluzione ad un oggetto di produzione industriale (il farmaco), il quale, lungi dall’essere un prodotto fine e individualizzato, è uno strumento genetico la cui azione è studiata nei laboratori a un livello di massima generalizzazione. Ma nessun farmaco è in grado di individuare la scissione dei bisogni (affettivi e individuali), quindi il conflitto psicodinamico e la funzione correttiva del sintomo. Quando si parla di problemi psicologici o sociologici, il problema va assunto innanzitutto nella sua singolarità, ossia nella sua dimensione più particolare, locale, individuale quindi umana. E a questo livello lo strumento d’intervento più idoneo è un essere umano sensibile, intelligente e ben addestrato. Un farmaco non analizza i fenomeni, non sente, non capisce, non pensa. L’estrema ratio della cura, la più antica e profonda, è infine l’assunzione etica del proprio essere nel mondo.
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- di Pasquale Lazzaro
- 15 Luglio 2024
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- 3 mesi fa