3 Ottobre 2024
Attualità

TRIONFO DELL’INDIVIDUALISMO

L’individuo moderno vive schiacciato da un senso di oppressione relazionale in cui non trovano più spazio le dinamiche di gruppo ma un freddo individualismo. L’evoluzione della mente segue alcune fasi che partono da molto lontano in società organizzate in gruppi, poi guerriere e infine, di soggetti autonomi la cui indipendenza è stata portata a estreme conseguenze dalla classe borghese in periodi più recenti. Analizziamo questo percorso. L’individuo come soggetto distinto dagli altri individui e almeno in parte indipendente dal suo stesso gruppo sociale è un’evoluzione recente della storia umana. Per centinaia di migliaia di anni gli individui sono stati abbastanza simili fra loro e divergevano in funzione di ruoli codificati dal sistema sociale (sacerdoti, capi, cacciatori, esploratori ecc.). Fino a tutto il paleolitico, cioè fino a circa 10.000 anni fa, le società erano piccole e solidali al proprio interno, con scontri occasionali con altre società umane. In queste società l’individualità era implicita e poco rilevante. Col neolitico, a partire da 7-8.000 anni fa, le società sono diventate guerriere e organizzate in classi sociali contrapposte; all’interno di queste società l’individualità era connotata dalla sofferenza e quindi schiacciata da poteri materiali oggettivi. Mentre i grandi capi guerrieri del neolitico si limitavano a elevare all’ennesima potenza la cultura della propria società, ne erano cioè la massima espressione, da non più di 3.000 anni è nato l’individuo dotato di mente autonoma e una precisa volontà di libertà: pensiamo a Lao Tzu, Socrate, Gesù, esempi paradigmatici la cui vicenda storica data fra i 2.500 e i 2.000 anni fa, individui in rotta di collisione col proprio mondo. Dobbiamo immaginare che da quell’epoca in poi, ogni comunità abbia prodotto personalità di questo tipo, se non di questa grandezza. Infine, in epoca borghese, l’individuo autonomo è stato mitizzato: il carattere individuale si è posto come più importante del ruolo sociale: il carattere di Dante e Goethe, di Elisabetta I Tudor e Jeanne d’Arc, di Napoleone e Winston Churchill, della regina Vittoria e Evita Peron, di Pablo Picasso e Elvis Presley, insomma il carattere mitizzato dell’uomo libero, si è proposto come più determinante del ruolo sociale svolto (o almeno così è apparso nella versione corrente che se ne dava). Si è trattato di un’evoluzione che ha certamente velocizzato le forme di adattamento al mondo (l’individuo autonomo dispone di creatività ed è quindi in grado di inventare nuovi strumenti e nuovi valori); ma ha anche prodotto divergenze e conflitti non sempre mediabili. Più l’uomo si è individualizzato, più ha avuto bisogno di risorse. Pian piano, l’ambiente naturale si è antropizzato, l’ambiente sociale è diventato autoreferenziale (l’uomo non ha più avuto né una natura da rispettare né una trascendenza cui rispondere), e la mente individuale si è sempre più affrancata dalla subordinazione al gruppo. L’individuo borghese è giunto a definirsi indipendente e padrone di se stesso. Tutto ciò con risultati moralmente scadenti e sempre più pericolosi. Infatti, non avendo più una natura da sfruttare (la terra è stata interamente occupata e depauperata, il mare si è isterilito, lo spazio interplanetario è alieno e privo di vita), ha rivolto le sue esigenza di sfruttamento sempre più sul proprio simile, con l’effetto della traumatica lotta di tutti contro di tutti a cui assistiamo oggi. Di fatto, lo sviluppo di gradi crescenti di libertà mentale, assieme ai benefici delle tecniche e delle arti, ha aumentato lo sfruttamento del territorio e l’impoverimento della natura, lo sradicamento dei popoli, le guerre, la gerarchizzazione sociale e, infine, l’individualismo competitivo e predatorio. Di tutto questo, l’inconscio sociale è il testimone insonne, testimone cui la mistificata e ipocrita coscienza contemporanea preferisce non dare la parola. Per parte sua, l’inconscio biologico, con la sua funzione emergente, l’Altro, costituisce il metronomo biologico, inteso a correggere le dissonanze del sistema. Si tratta però di un inconscio automatico, privo sia di coscienza che di empatia, quindi indifferente alla nostra salvezza. Il gioco della terapia e della salvezza è quindi interamente nelle mani della coscienza contemporanea, depauperata di profondità e di cultura. God save the queen, verrebbe da dire: the queen consciousness.

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