Non ci uniamo al (quasi) generale cordoglio per la scomparsa di Silvio Berlusconi e alla (quasi) unanime beatificazione della sua figura.
Totò qualche volta sbagliava, non sempre “la morte è na livella” che rende tutti uguali.
Berlusconi continua ad essere anche oggi un’ombra inquietante, una figura non secondaria di un processo di “normalizzazione” del mondo e di chiusura di una fase di crescita delle lotte operaie e della conflittualità sociale, un processo nel quale Berlusconi fa parte di un coro plumbeo assieme a Reagan, alla Thatcher, e a tanti altri protagonisti della storia in Italia e in tutto il mondo compresa l’oggi dissolta URSS.
In Italia Berlusconi è anche figlio della fallimentare avventura del compromesso storico dentro la quale, mentre il movimento operaio subiva anche grazie alle pesanti responsabilità della burocrazia e del gruppo dirigente del PCI una sconfitta storica, nel campo borghese la liquidazione della DC non implicava la sconfitta del suo campo sociale che paradossalmente uscì più forte per la destrutturazione del campo operaio.
Un’orda di juppies, di speculatori vecchi e nuovi, di quadri aziendali scalava la vetta dell’Everest sostenuta dall’ascesa di un’economia criminale e dal consolidamento del peso della mafia che compiva un pericoloso salto di qualità.
La fine della Prima Repubblica vedeva gli albori della parabola di Berlusconi erede assieme dei lasciti (non solo politici ma anche materiali) della DC e del craxismo contornato di figure oscure (lo stalliere di Arcore, il personale della P2, i pezzi da novanta di una mafia non più solo meridionale e così via dicendo).
Poi la controriforma elettorale di Mattarella, lo sdoganamento dell’ex MSI, i primi vagiti già da allora reazionari della lega consentivano a Silvio Berlusconi di varare Forza Italia e di giungere rapidamente “dal mezzo mare al remo” conquistando Palazzo Chigi.
Il resto è una storia di ombre che si protrae fino a oggi.
Le ripetute disavventure giudiziarie hanno favorito il consolidarsi della pericolosa illusione di chi individuava nell’azione della magistratura l’architrave della risposta (interclassista) a Silvio Berlusconi; Di Pietro, girotondini, popolo viola con tanto di codazzo di rifondaioli furono espressione di una cultura politica che rimuoveva l’individuazione dell’unica forza decisiva per battere Berlusconi e per chiudere con i suoi inverecondi scempi, la forza, cioè, del movimento operaio.
Tutto ciò unito alle indiscutibili capacità manovriere e trasformiste di Berlusconi consentiva al cavaliere non solo di restare in sella in Italia ma anche di consolidare un suo ruolo internazionale.
Oggi la sua scomparsa pone al centro destra il compito di consolidare un suo centro di equilibrio visto il ridimensionamento di Forza Italia reso ancora più evidente dalla morte di Silvio, la sfrontata egemonia di Giorgia Meloni, il peso dei populismi radicali di Matteo Salvini.
Ma di fronte c’è una sinistra borghese pavida e disorientata.
Ma di fronte c’è un movimento operaio sconfitto e demoralizzato.
Come Marxisti rivoluzionari vogliamo battere questa demoralizzazione per costruire un partito comunista e rivoluzionario che cancelli il prolungarsi dell’ombra nera di Silvio.