L’esperienza vissuta, le lunghe e tormentate letture, la capacità di osservazione unite ai meccanismi analogici di funzionamento del cervello; mi hanno portato a gestire meglio la tanto diffusa ansia, parola ormai nel lessico comune ma spesso abusata da mancanza di profondità di analisi o da metodi risolutivi di tipo puramente meccanico. “Io diciamo che me la cavo”, affrontando e descrivendo come segue il fenomeno. L’ansia nasce perché dentro di noi c’è un conflitto fra una parte autentica della nostra persona e una parte alienata cioè data alla mercè dell’altro. Quando non rispettiamo il nostro sistema valoriale facendo o pensando azioni contrarie ad esso, ecco che il sistema nervoso va in crisi, ecco che l’ansia ci avvisa che stiamo calpestando una nostra esigenza innata. Nei bulli, nei ragazzi violenti ma come negli individui sensibili, avviene proprio quanto sopra scritto: caricati di aspettative dal mondo adulto in forma di esigenza o violenza, questi soggetti alienano una parte della loro coscienza indossando una veste che non gli appartiene. Allora come ritornare alla formula socratica che conoscere il bene equivale a farlo? Con un processo di “veridizione” ovvero riconoscere con spietata sincerità che c’è un conflitto, quali siano le parti in lotta, rintracciare nella storia personale il momento o scena originaria junghiana in cui una parte è stata “tradita” rispetto all’altra e, manifestare il rimosso nei modi più equilibrati e modulati possibili. Qui subentra spesso l’aiuto dello psicoterapeuta. A volte basta semplicemente dirsi <<io non pretendo niente da me stesso>> o <<lascio che accada quel che deve accadere>> per sentirsi un po’ in pace. E di pace, in questi tempi, ne abbiamo tutti bisogno.
Attualità
LA LAICITA’ DELLA PACE
- di Pasquale Lazzaro
- 22 Giugno 2025
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- 1 settimana fa

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