I poeti hanno la forza di scendere nelle profondità dei nostri cuori perché sublimano, fanno arte di ciò che per noi comuni mortali è puro dolore e sofferenza. Giovanni Pascoli ha avuto questo merito se si pensa alla sua vita fatta di morti e abbandoni precoci; come ad esempio la perdita del padre e un anno dopo della madre. Una vita quindi segnata dal dolore, profondo dolore che lo ha reso perennemente “fanciullino” in disperata ricerca della madre e tuttavia capace di trasformare in poesia le grandi perdite e ferite mortali che la vita gli infliggeva. Il dolore lo rendeva consapevole che <<Quello che conta per un poeta, è lasciare qualcosa che, quando egli sia morto, resti più viva che mai; che quando egli non abbia più occhi, si trovi occhi attenti, ammirati e qualche volta pieni di lacrime>>. Dopo anni di tribolazioni finalmente Giovanni ha una sua cattedra, quindi un lavoro sicuro. In questo tempo manifesto forte il sentimento che lo legava alle sorelle Ida e Mariù. Forse perché Ida le ricordava la madre, quando si sposò, condusse il poeta sulla via dell’alcolismo e dell’autodistruzione. Ida non era felice del matrimonio e per Giovanni l’allontanamento dalla sorella fu insopportabile. Forse, attraverso l’obnubilamento proveniente dall’ebbrezza, si congiunse idealmente alla madre-Ida. Visse in amorevole dipendenza fino alla morte con Maria, che lo adorò senza riserve, lo amò come può amare morbosamente una donna troppo fragile. La poesia di Pascoli, toccando le nostre corde più profonde, rispecchia dolore e solitudine così estesi nell’attuale tragico momento storico.
Attualità
“TI PENSO E CAMBIA IL MONDO”
- di Pasquale Lazzaro
- 2 Marzo 2023
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