9 Ottobre 2024
Attualità

La guerra nel cuore dell’Europa

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La guerra nel cuore dell’Europa ci angoscia sempre di più, specie per il rischio che possa assumere i caratteri di un conflitto mondiale. Ma i pensatori non perdono la speranza cogliendo anzi quella classica occasione per dimostrare che ove vi sia il male deve per forza vigere il bene. Si parla di crisi russo-ucraina. Dunque cos’è una crisi.  La parola crisi deriva dal verbo greco krino, che vuol dire “separo”, e per analogia si presta a significare sia “distinguo”, “discrimino”, “scelgo”, che “fratturo”, “frantumo”, “rompo”. La crisi, dunque (come suggerisce l’etimologia greca), è una frattura dentro di noi, un’incrinatura nel nostro Io che, immerso nel malessere, perde coerenza ed efficacia. E tuttavia, allo stesso tempo, la crisi è un’emergenza esistenziale che ci obbliga a maturare una più acuta capacità di analisi della situazione o dell’intera vita, e può quindi preludere a decisioni fondamentali. Oggi il mondo occidentale si è imposto di essere felice trascurando in tal modo il negativo che risiede dentro ognuno di noi. Ecco la psiche è un campo di battaglia dove si scontrano i nostri bisogni con quelli dell’altro. Il dovere di essere felice… una prigione mentale spesso creata dalla famiglia iperprotettiva, prevaricante – seppure in buona fede – nel sostituirsi alle decisioni dei figli (considerati immaturi) e nel contempo altamente condizionante – per i figli stessi.  Figli investiti dalla responsabilità di dover essere felici per non deludere le aspettative della prodiga famiglia, ricalcandone il suo – anziché costruirne uno proprio – criterio di felicità. Da qui, il dovere morale – prigione mentale – del giovane di non deludere la famiglia mostrando comportamenti – autoimposti – di felicità e gratitudine per le subite scelte altrui. Qual è il comportamento – o meglio l’atteggiamento – che entrambi – genitori e figli – dovrebbero assumere onde evitare la soffocante condizione? Se la felicità è un dovere, i figli sono costretti ad obbedire alla visione del mondo dei genitori, perché è in quell’orizzonte che i genitori li hanno educati, ed è in quell’orizzonte di senso che essi vogliono veder vivere i figli. In fondo i genitori vorrebbero che i loro figli fossero il più possibile simili a quanto desiderano, quindi semplici e facili da condurre. Naturalmente non è mai così, perché la variabilità genetica e le esperienze soggettive rendono i figli progressivamente diversi dai loro genitori, quindi suscettibili di crearsi una visione della vita e della stessa felicità diversa e talvolta opposta. A questo punto i genitori possono fare l’errore imperdonabile di insistere nelle loro verità e di squalificare come patologiche le sensazioni e le intuizioni dei figli. Si può arrivare allora ad un conflitto tacito, invisibile, tutto giocato su cosa sia vero e cosa sia falso.  Naturalmente ci sono inganni volontari e altri involontari, consci e inconsci. Pensiamo all’inganno volontario, cioè a quelle famiglie nelle quali i genitori ingannano i figli con sadismo intenzionale. Una madre dichiara quanto amore le sia costato mettere al mondo il figlio, mentre invece lo detesta perché la sua nascita l’ha costretta a vivere con un marito odiato; oppure un padre esige di essere amato come un buon padre mentre la sera va a bere con gli amici e torna a casa ubriaco, oppure spende i soldi nel gioco d’azzardo. Un inganno intenzionale molto diffuso è questo: la coppia ha messo al mondo i figli per dovere morale o magari per questioni di status, ma si presenta i figli e al mondo sociale come la migliore del mondo. Molti figli vivono in un ambiente che li ha generati per obbligo e quindi li ama in modo artificioso e convenzionale. In tutti i casi citati l’inganno è una “manipolazione psichica” e quando i figli cominciano a “svegliarsi” il risveglio è doloroso e può essere oggetto di scissione e rimozione, quindi generare patologia. A ben vedere questo inganno riguarda anche i macrosistemi, per esempio la politica. Pensiamo a quello dei governi sui governati nelle moderne democrazie. I governanti per governare devono avere il consenso dei governati, quindi devono generare in loro delle illusioni. Creano, allora, per i propri cittadini l’illusione che la felicità sia possibile, ma che lo sia solo nei modi che consentono al governo di perpetuare la propria esistenza. Prendiamo l’Italia che ha un enorme debito pubblico. I governanti, se vogliono continuare a spendere i soldi dei contribuenti per mantenere i propri privilegi, devono convincere gli italiani che la colpa del debito è di Stati concorrenti, non della disonestà della classe dirigente locale. Oppure, i mezzi di informazione (al servizio della classe politica) diffondono l’idea che aiutare i migranti sia il massimo della realizzazione morale di un popolo; il che potrebbe anche essere vero in astratto, ma nel caso concreto attuale la verità indicibile è che i governi hanno stipulato patti segreti con Stati “alleati” che sfruttano le risorse di Paesi cui è stata sottratta la sovranità con la guerra, e che le conseguenti migrazioni devono essere sopportate dagli Stati più ricattabili. Altro esempio: la gente è convinta che i musei ristrutturati e aperti nelle loro città rappresentino un servizio che il governo locale ha reso nei confronti delle cittadinanze, perché questo è stato detto dalle TV e dalla stampa, e invece dietro quelle ristrutturazioni ci sono miliardi di euro “girati” a società di clienti e di “amici”. La corruzione morale è dappertutto, ma le classi dirigenti che stanno in alto devono apparire “migliori” di quelle che stanno in basso. Queste sono forme di inganno volontario e consapevole, come quello dei genitori immorali che si spacciano per i migliori del mondo. A questo livello, il trauma è oggettivo e la psicoterapia non può non tenerne conto. L’inganno involontario è il più frequente fra le famiglie sostanzialmente “sane”, che sono le più numerose. Pensiamo a un genitore che crede in buona fede che se il figlio si comporta con gentilezza sarà un figlio migliore. Il figlio sente la buona fede e obbedisce, ma poi scopre che la gentilezza gli impedisce di vedere i difetti del genitore, che pure esistono, oppure gli impedisce di reagire quando viene maltrattato e umiliato dai compagni o da un docente. Un figlio può scoprire che un eccesso di onestà lo fa essere raggirabile; un altro, di un’altra famiglia, può invece scoprire che la morale da “duro” insegnatagli dai genitori, che credevano di fagli del bene, lo fa essere odioso o incapace di innamorarsi. Questi sono inganni involontari, che generano danni mistificati dalla stessa vittima, che non riesce a credere che chi lo ama lo abbia danneggiato. In termini sociali, pensiamo a un sacerdote in buona fede. Quando la donna di cui ho raccontato sopra, delusa dalla vita coniugale, va da lui per dirle che è scontenta del marito, il quale non la considera un essere umano, ma la tratta come una erogatrice di servizi, il sacerdote le spiega che la sopportazione è la virtù del forte e che, se lei sopporterà, un giorno il marito la amerà. Il sacerdote è in buona fede, sta indicando alla donna quella che per lui è la via della felicità, o quanto meno della serenità, ma rende alla donna un servizio antipsicologico, perché le impedisce di riflettere sulle cause del suo dolore e se queste cause possano essere rimosse con strumenti che sono già a disposizione. Pensiamo a una professoressa di liceo che si esalta di una sua allieva brava nelle materie che lei insegna. Mentre la esorta a studiare non si rende conto che sta alienando la ragazza dalla vita dei coetanei e che sta costruendo la sua rovina. Quindi un genitore, come un sacerdote o un insegnante, possono indicare in buona fede a un giovane quale sia secondo loro la via della felicità; e poiché esercitano un carisma lo irretiscono nella loro ideologia, nella loro visione del mondo. Si realizza così una sorta di ipnosi involontaria. Per il giovane il risveglio può essere molto doloroso, non solo perché si rende conto di aver sbagliato strada, ma anche perché rendersene ne conto significa vedere i difetti della persona che li ha accuditi e istruiti, e criticarla, anche se essa ha agito in buona fede.  

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